“Urlo” lo scandaloso capolavoro di Allen Ginsberg
Ilaria Rebecchi | Lug 19, 2012 | Commenti 0
Poema generazionale della San Francisco beat, “Urlo” (titolo originale “Howl”, 1955) è l’opera più celebre del poeta statunitense Allen Ginsberg, eclettica e controversa icona culturale di un’epoca di trasformazioni e di un modernismo letterario esibito nei componimenti che richiamano alla lingua parlata e nel crudele realismo, quasi onirico, dei racconti di vita vissuta.
L’opera, divisa in tre parti, fu considerato tra i contemporanei un assalto scandaloso alle convenzioni e ai moralismi, perché composto durante visioni da peyote e perché fortemente esplicito nel linguaggio e nelle scene evocate, al punto che un anno dopo la sua pubblicazione venne persino bandito per oscenità.
Il ritmo e le cadenze della musica jazz regnano sovrane e trainano questo capolavoro di parole ed immagini la cui importanza sociale, mescolata alla fede Buddhista e alle origini ebraiche del poeta, resero la stessa probabilmente il più importante manifesto dell’epoca insieme alle opere di Kerouac (“Sulla Strada” in primis) e alle canzoni di Bob Dylan, decisamente meno sofisticate e “scandalose”.
“Urlo” parte dalla descrizione di scene, personaggi e situazioni tratte dall’esperienza dell’autore e di poeti, artisti, politici radicali, musicisti drogati e pazienti psichiatrici che egli aveva incontrato. La seconda parte fronteggia l’America del tempo (‘Moloch’), mentre la parte conclusiva è indirizzata a Carl Salomon, che Ginsberg incontrò in un ospedale psichiatrico, descrivendone qui esperienze, speranze e paure.
Lo stile allucinato e visionario, i riferimenti all’omosessualità e ad una sessualità esplicita e dichiarata, la risonanza nel secolo successivo (recente la trasposizione cinematografica – celebrativa, avanguardistica ed allucinata al punto da risultare anch’essa un capolavoro – firmata da Rob Epstein e Jeffrey Friedman con protagonista James Franco), e quel verso incriminato (nel celebre processo del 1957) “who let themselves be fucked in the ass by saintly motorcyclists, and screamed with joy –“che si lasciarono fottere in culo da santi motociclisti, e strillarono di gioia”, ne fecero la fortuna a dispetto dei tempi.
Capolavoro d’arte oltre moralismi e pornografie letterarie.
Eccone un breve estratto:
Allen Ginsberg
Urlo
“Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla
follia, affamate isteriche nude,
trascinarsi nei quartieri negri all’alba
in cerca di un sollievo astioso,
alternativi dalle teste d’angelo in fiamme per l’antica celeste
connessione con la dinamo stellata nel meccanismo
della notte,
che in poverta’ e stracci e occhi vuoti e fatti sedevano
fumando nell’oscurita’ soprannaturale di
appartamenti con acqua fredda galleggianti tra le cime delle citta’
contemplando il jazz,
che esponevano i cervelli al Cielo sotto l’El[1] e
vedevano angeli maomettani barcollare illuminati su tetti
condominiali,
che attraversavano universita’ con freddi occhi splendenti
allucinando l’Arkansas e la tragedia della Blake-light[2]
fra gli studiosi della guerra,
che venivano espulsi dalle accademie per estremismo &
pubblicazione di odi oscene sulle finestre del
cranio,
che si annidavano in stanze non sbarbate in mutande, bruciando
i loro soldi in cestini dei rifiuti e ascoltando
il Terrore attraverso il muro,
che venivano perquisiti nelle barbe pubiche tornando via
Laredo con una cintura di marijuana per New York,
che mangiavano fuoco in alberghi riverniciati o bevevano trementina a
Parco Paradiso, morte, o purgatoriavano i propri
busti notte dopo notte
con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti,
alcol e cazzo e palle infinite,
incomparabili vicoli ciechi di nuvola vibrante e
fulmine nella mente scagliata verso i poli di
Canada & Paterson, che illumina tutto l’im-
moto mondo del Tempo in mezzo,
solidita’ di Peyote di saloni, albe di cimitero dell’albero verde del
cortile, ubriachezza di vino sui tetti,
borghi commerciali di giretto da fumati semaforo lampeggiante
al neon, vibrazioni di sole e luna
e albero nelle ruggenti foschie invernali di Brooklin,
proclami Ashcan e luce mentale di re gentile,
che si incatenavano a metropolitane per l’interminabile
corsa da Battery al benedetto Bronx sotto benzedrina
finche’ il rumore di ruote e bambini li faceva scendere
tremanti con la bocca convulsa e abbattuti il cervello inaridito
tutti drenati di splendore nella sconfortante luce di Zoo,
che si immergevano tutta la notte in luce sottomarina di Blickford’s
emergevano e sedevano a smaltire la birra svaporata dopo
mezzogiorno in un desolato Fugazzi’s, ascoltando il frastuono
d’inferno dal jukebox a idrogeno,
che parlavano senza interruzione settanta ore da parco a
casa a bar a Bellevue a museo al Ponte
di Brooklin,
battaglione disperso di conversazionalisti platonici che saltavano
fuori da scalinate da uscite di sicurezza da davanzali
dall’Empire State dalla luna,
chiacchiericciando strillando vomitando sussurrando fatti
e ricordi e aneddoti e pugni nell’occhio
e traumi di ospedali e carceri e guerre,
interi intelletti degurgitati in flusso di coscienza per sette giorni
e notti con occhi brillanti, carne per la
Sinagoga gettata sul pavimento,
che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando una
pista di ambigue cartoline illustrate dell’Atlantic
City Hall,
soffrendo calure orientali e artriti Tangerine
e emicranie della Cina durante astinenze da roba
in una camera squallidamente arredata di Newark,
che giravano e giravano a mezzanotte nello
spiazzo della ferrovia domandandosi dove andare, e andavano,
senza spezzare nessun cuore,
che accendevano sigarette a camionate camionate camionate arrancando
nella neve verso fattorie solitarie nella notte
del nonno,
che studiavano Plotino Poe San Giovanni della Croce telepatia
e bebop cabbala perche il cosmo vibro’
istintivamente ai loro piedi in Kansas,
che si aggiravano solitari per le strade dell’Idaho cercando
angeli indiani visionari che fossero angeli indiani
visionari,
che pensavano di essere solo pazzi quando Baltimora
risplendette in estasi soprannaturale,
che saltavano in limousine con il Cinese dell’Oklahoma
ispirati dalla pioggia invernale di semaforo di paesino
a mezzanotte,
che si aggiravano affamati e soli per Houston
cercando jazz o sesso o zuppa, e seguirono lo
spagnolo brillante per conversare sull’America
e l’Eternita’, un’impresa disperata, e cosi’ si
imbarcarono per l’Africa,
che sparivano nei vulcani del Messico lasciando
dietro di se’ nient’altro che l’ombra dei jeans
e la lampada lava e cenere di poesia sparpagliata nel
camino Chicago,
che riapparivano nel West investigando
sull’FBI in barbe e pantaloncini e grandi occhi
pacifisti sexy con la loro pelle abbronzata mentre
distribuivano incomprensibili volantini,
che si procuravano bruciature di sigarette sulle braccia per protesta
contro foschia narcotica di tabacco del Capitalismo,
che distribuivano pamphlet Supercomunisti a Union
Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene
di Los Alamos li lamentavano via, e lamentavano
via Wall, e il traghetto di Staten Island pure
si lamentava,
che scoppiavano in lacrime nella palestra bianca nudi e
tremanti di fronte al meccanismo di altri
scheletri,
che mordevano ispettori sul collo e strillavano con gioia
in macchine della polizia per non aver commesso alcun crimine salvo
la propria pederastia in selvaggia ebollizione e intossicazione,
che ululavano in ginocchio nella metropolitana e venivano
trascinati via dal tetto agitando genitali e
manoscritti,
che si lasciavano fottere in culo da motociclisti
santi, e urlavano di gioia,
che pompavano e venivano pompati da quei serafini umani,
i marinai, carezze dell’Atlantico e amore
Caraibico,
che scopavano la mattina la sera in giardini
di rose ed erba di parchi pubblici e
cimiteri spargendo il loro seme liberamente per
chiunque volesse venire,
che singhiozzarono all’infinito provando a ridacchiare ma se la cavarono
con un gemito dietro un separe’ di un bagno turco
quando il biondo & nudo angelo venne a infilzarli
con la spada,
che perdevano i ragazzi per le tre vecchie maledizioni del destino
la maledizione con un occhio solo del dollaro eterosessuale
la maledizione con un occhio solo che ammicca dall’utero
e la maledizione con un occhio solo che non fa nient’altro che
star seduta tutto il giorno a tagliare i fili d’oro
intellettuali del telaio dell’artigiano,
che copulavano estatici e insaziabili con una bottiglia di
birra un fidanzatino un pacchetto di sigarette una
candela e cadevano giu’ dal letto, e continuavano sul
pavimento e nel soggiorno e finivano collassati
sul muro con una visione di troiaggine perfetta e orgasmo
che eludeva l’ultimo sprazzo di coscienza,
che addolcivano le fiche di un milione di ragazze tremanti
al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina
ma erano preparati ad addolcire la fica del sole
nascente, chiappe balenanti nei fienili e nude
al lago,
che andavano a puttane per il Colorado in una miriade
di auto civette rubate, N.C., eroe segreto di questi
versi, amatore e Adone di gioia-di-Denver
alla memoria delle sue innumerevoli trombate di ragazze
in parcheggi vuoti e retri di tavole calde, sedili traballanti
di cinema, su cime di montagne in grotte o con
cameriere ossute in sollevamenti di sottane solitarie
ai bordi di strade familiari & specialmente solipsismi segreti
di gabinetti di stazioni di servizio & pure parchi di paese natio,
che sfumavano via in vasti film sordidi, erano sostituiti
nei sogni, si svegliavano a un inatteso Manhattan, e
si tiravano fuori da sottoscala intossicati
di tocai senza cuore e orrori di sogni di ferro
da Terza Strada & vagavano verso uffici di
disoccupazione …”
Info sull'autore: Direttore Responsabile art journalist & more