Un sapore di ruggine e ossa: il dialogo dei corpi

 

«Mi piaceva essere guardata. Mi piaceva sapere che li seducevo, e che li eccitavo. Ma poi tutto questo mi annoiava

Le parole di Stéphanie (Marion Cotillard), la protagonista femminile di Un sapore di ruggine e ossa, mettono in luce un rapporto puramente strumentale con il suo corpo di donna, sfruttato come arma nel gioco della seduzione, esposto allo sguardo lubrico dell’attenzione maschile.
Il corpo in quanto strumento, nell’amore e nella professione: Stéphanie è un’addestratrice di orche, e non potrebbe lavorare se la sua prestanza atletica non fosse ottimale.
Inevitabile, come in ogni melodramma, la svolta tragica. Stéphanie perde le gambe dalle ginocchia in giù, e il suo corpo mutilato diviene un peso, da trascinare faticosamente tra le angosce del quotidiano.

Il film potrebbe degenerare nel patetismo più bieco, ma il regista Jacques Audiard, che ne Il profeta ci ha raccontato la genesi della violenza con lucida partecipazione, sceglie invece d’impostare il discorso sulla concretezza della carne: Un sapore di ruggine e ossa è un poema di corpi che dialogano attraverso le reciproche esigenze, come realtà complementari.
Al corpo di Stéphanie risponde quello di Ali (Matthias Schoenaerts), solido, imponente, pronto a sorreggerla e a farle ritrovare la strada del piacere. È proprio nella riscoperta del sesso, offertole dal ragazzo con apparente insensibilità, che Stéphanie conquista una nuova consapevolezza di se stessa: l’amore carnale non è un universo a lei precluso, ma solo la meta legittima di un desiderio altrettanto legittimo; mentre quel corpo che lei credeva perduto, tempio di forza e seduzione, conserva ancora le sue funzioni originarie.

L’esplosione fisica di Ali, un giovane spiantato con figlio a carico, pugile semi-professionista, è quindi la fonte da cui la giovane donna può finalmente dissetarsi, la compensazione alle sue mancanze. Audiard lascia conversare i loro corpi, che inondano le inquadrature fin quasi a riempirle del tutto: sono il centro tematico e visivo del film, involucri di pelle che celano muscoli in tensione, arterie pulsanti, ossa fratturate. E ruggine, da raschiare via nella scoperta del corpo altrui.

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2012, ora distribuito in sala da BIM, Un sapore di ruggine e ossa è un mirabile esempio di melodramma contemporaneo.

di Lorenzo Pedrazzi

 

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