Stoya per Vice

Pubblichiamo il post scritto mesi orsono dalla sexy porno attrice più famosa del pianeta, Stoya, per Vice.com.

“… C’è questa mia conoscente di New York che lavora nel campo della tecnologia, ma di tanto in tanto fa performance di burlesque. Le nostre strade si incrociano agli spettacoli e alle feste, dove lei è in costume o in una sua versione abbastanza blanda da poterci andare in giro per strada. Qualche settimana fa l’ho incontrata per la prima volta senza tutto il bagaglio di capelli e trucco. Mi ci è voluto un minuto abbondante per rendermi conto che quella ragazza affascinante con indosso dei pantaloni fosse la stessa persona con cui avevo più volte discusso del burlesque. Normalmente quando ho problemi a riconoscere qualcuno che ho già incontrato è perché in quell’occasione c’era troppa gente nuova o perché semplicemente ho un problema con le facce… e i nomi. In quel caso, invece, penso fosse una conferma del suo talento nel cambiare personaggio a seconda della situazione, in una combinazione di travestimenti e portamento. Questa ragazza è un animale da palcoscenico, e quando mette e smette quei panni è come accendere e spegnere un interruttore…”

“C’è qualcosa di affascinante nell’osservare il processo di trasformazione fisica. Culturalmente siamo affascinati da cosa fanno i personaggi pubblici quando non lavorano e come facciano a diventare quelli che conosciamo. Questo è il motivo per cui esistono le biografie, le interviste e i servizi fotografici sui backstage. Ed è anche il motivo per cui esistono documentari che cercano di mostrarci chi sono veramente le persone che stanno dietro l’industria del sesso. Non si tratterà di milioni, ma ce ne sono abbastanza da avermi fatto alzare gli occhi al cielo non appena ho sentito che ne stanno producendo un altro. Il documentario di Jonathan Harris, I Love Your Work, sembra interessante più per il procedimento e la presentazione che per qualunque promessa di un’approfondita indagine giornalistica sul lato oscuro dell’intrattenimento per adulti.

La superficialità di questi progetti mi ha sempre fatto storcere il naso. Nel 2004, mostrare le pornostar senza tacchi, ciglia finte o lingerie e accessori fetish poteva quasi essere considerato rivoluzionario. Negli ultimi nove anni questi indumenti sono liberamente entrati e usciti dal mondo della moda, perdendo la connotazione iniziale. Poi sono arrivati i social media. Grazie a Twitter, Tumblr, Instagram, Vine e qualunque altro servizio del genere, il fatto che una pornostar abbia anche una normale vita quotidiana non può più essere definito un mistero. Chiunque sia interessato al porno, o alle persone che ci lavorano, può tranquillamente vederci parlare di hobby o di animali domestici. O seguire conversazioni in cui flirtiamo tra noi o di quando ci incontriamo al supermercato. Come gruppo, tendiamo ad auto-scattarci foto in corrispondenza di tutti gli stadi di nudità e stratificazione del trucco e caricarle a intervalli regolari su Twitter o Instagram. Così, i social media hanno regalato al mondo una finestra su vite reali di qualunque genere più di quanto possano mai farlo un documentario di dieci minuti o un paio di foto.

Credo che la maggioranza delle persone capisca che la gente appare e si comporta in modo lievemente diverso, quando lavora e quando si trova in un posto in cui la professione non conta. Chiunque abbia la facoltà di pensare può facilmente notare che non tutti i medici hanno gli stessi hobby, che chi lavora in un fast-food ha un ampio spettro di scopi nella vita o magari neanche uno, e che le pornostar occasionalmente portano dei vestiti anche solo per il fatto che, se ti fai arrestare per atti osceni, è un bel casino presentarsi il giorno dopo sul set. In generale, gli attori porno possono essere particolarmente capricciosi e di sicuro più sessualmente aperti dell’adulto medio, ma non siamo così estraniati dal resto della società da considerarci una sorta di mondo parallelo in cui problemi come le bollette e la lavatrice non esistono. Fingere che non sia così contribuisce soltanto a sottovalutare l’intelligenza di chi è interessato alle vite delle pornostar o quello che succede dietro le quinte dell’industria.

Quando ho chiesto ai miei follower Twitter cosa ci trovassero di interessante nel seguire attori porno sui social, un paio hanno attribuito il merito alle foto osé. Qualcun altro ha detto che le pornostar che seguono sono persone interessanti o dicono cose divertenti e si sono ritrovate a lavorare nel porno per caso. Altri indicavano la possibilità di apprendere qualcosa sul sesso. Ma la stragrande maggioranza sembrava oscillare tra un piacere nel vedere gli attori porno come persone con una vita reale e l’opportunità di conoscerci meglio o di sentirci parlare di cose “normali”, perché pensano che la cosa ci renda più umani.

Il territorio delle pornostar in borghese non ha bisogno di essere ulteriormente svelato. Spero che i documentari che hanno approfondito maggiormente la cosa ricevano l’interesse che meritano. Buck Angel è un essere fantastico, e il documentario di Dan Hunt su di lui è una parte importante del dibattito su sessualità, genere e il lavoro nel porno. Quelli di Kink.com sembrano molto felici del loro ritratto nel documentario di Christina Voro e James Franco, Kink, e per quanto ne so, il mondo del sadomaso non era mai stato esplorato in quel modo prima d’ora. Invece di continuare a parlare dell’argomento “Pornostar che senza trucco sembrano persone comuni”, perché non dare valore agli sforzi documentativi di Shine Louise Houston nel rappresentare un porno etico e di mostrarci gli effetti sociali e culturali di come il porno queer e femminista ritragga ogni tipo di corpo e sessualità? Nina Hartley, icona del porno ed esperta di sessualità dotata di un discreto palle, sarebbe perfetta per recitare in un film sulle tendenze dell’industria del porno. E se proprio vi interessa, dedicate un’ora e mezza a scoprire quant’è carina Lexi Belle. (Spoiler alert: è davvero molto, molto, MOLTO carina.)”

 

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