Addio a Sylvia Kristel, la nostra Emmanuelle

È scomparsa pochi giorni orsono la meravigliosa e sensuale protagonista di uno dei film culto del cinema erotico per antonomasia, “Emmanuelle” (1975).

Sylvia Kristel diede vita e corpo alla pellicola di Just Jaeckin, diventando simbolo dell’emancipazione sessuale degli anni ’70, ed incantando con le forme sinuose, le snelle gambe accavallate e i seni scoperti. Sbaragliò la concorrenza di oltre 3000 candidate per il ruolo della protagonista, giovane donna annoiata dal ricco marito che si lascia sedurre da sconosciuti, rivolgendosi ad un professore di erotismo per iniziare il proprio percorso nell’universo del sesso.
Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Emmanuelle Arsan, divenne ben presto iconoclastico nella storia del cinema, vietato ai minorenni ma con oltre 50 milioni di spettatori nelle sale di mezzo mondo.

Sylvia era nata in Olanda nel 1952, e ben presto dovette subire le conseguenze di un film delizioso ed osé, etichettata come scabrosa ella stessa, come delineò nell’autobiografia “Svestendo Emmanuelle” del 2007.
Un abuso all’età di soli 9 anni e il tradimento del padre all’adorata madre ne sconvolsero l’esistenza fin da bambina. Fu l’amante di molti uomini, tra cui il poeta Hugo Claus, Gerard Depardiru e Warren Beatty, poi madre dell’unico figlio Arthur e naufraga in un oceano di alcool e droghe.

In confronto alla pornografia di oggi – scriveva l’attrice di Emmanuelle – è una specie di Alice nel Paese delle Meraviglie“.
E aveva ragione.

 

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